mercoledì 27 luglio 2011

Una bella storia

Lui è diventato un bel ragazzo, ha i capelli corti e rossicci, le fossette sulle guance quando ride. Ride spesso, in modo contagioso e quando lo fa gli ridono anche gli occhi.
Ora ha preso in gestione il ristorante di famiglia, il padre piano piano si sta sfilando dall'attività e anche gli zii stanno lasciando posto alla nuova generazione.
Quando lo incontro penso sempre alla prima volta che l'ho visto. Io avevo 7 anni, lui 33 giorni. Era arrivato a casa qualche giorno prima, dopo che il giudice aveva avvisato i neo-genitori adottivi che un bimbo era disponibile nell'ospedale della provincia vicina. "Buongiorno, sono il Giudice, avete intenzione di partire per le ferie? C'è un bambino disponibile per l'adozione, volete vederlo?".
Attimi di panico. Aspettavano da tantissimo quella telefonata, tanto che quasi quasi non ci pensavano più. Di sicuro poi non con così poco preavviso. Era fine luglio e la settimana dopo sarebbero partiti per le vacanze.
"ehm, certo. Quanto ha il bambino?"
"25 giorni"
"ah. E... come sta?"
Avevano indicato nella domanda di adozione che avrebbero accettato  bambini con lievi malformazioni, piccoli problemi fisici.
"è perfetto, sta benissimo. Semplicemente la madre è molto giovane, minorenne, per questo la scelta di darlo in adozione. Ma è in piena salute".
Da li la corsa contro il tempo. Avevano confermato ovviamente al Giudice la loro disponibilità, a quel punto si trattava di preparare tutto il necessario, perché ovviamente non conoscendo prima l'età del bambino da adottare, era impossibile preparare la cameretta, acquistare il necessario, preparargli un corredo.
Quindi in pochi giorni si erano procurati tutto, dalla culla al passeggino, dai vestiti ai pannolini e poi qualche giocattolo, prodotti per la cura del bebè e, probabilmente, anche un libro di puericultura.
5 giorni dopo erano a casa, con il loro fagottino nuovo da conoscere e, sicuramente, un pò di paura per quel sogno che si realizzava.

Sono passati 26 anni e conoscendo la sua storia si può senz'altro dire che lui è stati fortunato, è capitato in una buona famiglia e ha anche un fratello di 17 anni (arrivato per caso o per miracolo in modo naturale). Ancora oggi quando lo incontro non riesco però a non pensare a quella sliding-door: come sarebbe stata la sua vita? Che faccia ha oggi la ragazzina che l'ha partorito? Chissà se pensa a lui, chissà se ha altri figli.
Quando gli si pongono queste domande lui semplicemente risponde che la sua famiglia è quella che lo ha adottato e che lo ha cresciuto. Chapeau.

4 commenti:

  1. E' un dolce racconto e la risposata che questo ragazzo da a queste domande è il segno che la famiglia adottiva lo ha cresciuto benissimo!
    Un saluto

    RispondiElimina
  2. Wow, che sogno che si avvera per questa famiglia <3
    (mi chiedo come abbia passato l'adolescenza pero', sai i soliti scontri e le crisi di identita'...)

    RispondiElimina
  3. ma, da quel che so si è divertito un mondo a prendere in giro la gente... quando ad esempio il prete del paesello lo sgridò per non so quale marachella dicendogli "chiamo i tuoi genitori" lui ha risposto qualcosa del tipo "ti viene lunga, quelli non sono i miei genitori" e insomma l'ha fatto arrabbiare ancora di più perchè lui non sapeva...
    boh, secondo me conoscendo da subito la sua storia, che gli veniva raccontata costantemente (mamma mia mi vengono in mente la Nicora e quell'altra, col corso di inglese... boh, 1?) per lui era una cosa naturale, come per Picco uscire dalla tua pancia...

    RispondiElimina
  4. hahhah troppo avanti lui!
    Oddio la Nicora col suo Io e l'Alterita' e le Storie e l'Identita' hehehehhe Certo che sono cose che ti segnano a vita eh
    (ah, marte sera arriviamo, e mercole abbiamo gia' l'app all'AIED ;-)))

    RispondiElimina