martedì 26 febbraio 2013

Il ritorno del provolone

Ci risiamo, Provolone è tornato alla riscossa.
Mi riferisco al mio super boss, al titolare dell'azienda dove lavoro che, tanto per fare un pò di memoria, potrebbe tranquillamente essere mio padre e ha il vizietto di provolare a destra e a manca. Basta che respiri.
Era da un pò di mesi che mi lasciava in pace, ora invece è tornato alla carica, fa il piacione, sguardi ammiccanti e un non so che, un atteggiamento che non riesco davvero a descrivere, ma che qualsiasi donna al posto mio interpreterebbe come "ci sta provando". Per farvi capire oggi persino un collega maschio si è accorto di quanto stesse sbroccolando, da tanto era palese e sfacciato.
Purtroppo ci siamo improvvisamente trovati soli in una stanza minuscola, anzi, in verità era lo stanzino della macchinetta del caffè nonchè antibagno. Nella porta a destra era in corso una riunione cui lui stava partecipando, io e una collega l'abbiamo dovuto raggiungere per parlargli e l'abbiamo intercettato mentre preparava i caffè. La collega ha cinguettato "faccio una pipì e arrivo!" e ha imboccato la porta di sinistra. A questo punto eravamo soli. 
Ha sussurrato "lo sai vero che sei sempre bellissima?"
io: "si, si certo lo so come no"
Provolone: "mfui non capisci niente" e mi accarezza il viso ripetutamente.
Io impietrita con il cervello inattivo.
Non so bene perchè, ma in questo tipo di situazioni non sono in grado di frapporre il solito muro che mi protegge e i miei neuroni iniziano ad imitare Homer Simpson
"Ok cervello, io non piaccio a te e tu non piaci a me... ma facciamola questa cosa così potrò tornare a bombardarti di birra... affare fatto."
Ecco, quindi l'unica cosa che sono riuscita ad enucleare ed enunciare è stata: "l'ultimo che ha fatto una cosa del genere l'ho morso"
Provolone: Ah si? mordimi
detto fatto, ho girato il viso e gli ho morso di striscio un dito, che nel frattempo ha ritratto
Provolone "ma mi mordi veramente!"
certo, mica scherzo
Provolone: "chissà quanto avrei resistito al dolore"
se vuole il mio cane è disponibile a fare una prova.

Ok, non è esattamente quello che si potrebbe definire un dialogo brillante. Ora terrò le antenne alzate e magari la prossima volta riuscirò a produrre qualcosa di meglio. 
Il problema è che si vede che ha anni e anni di esperienza, che sa come, quando e chi colpire e sono certa anche del fatto che il giorno che trova una che ci sta, a lui l'articolo non interessa più e molla la presa, perchè è l'esercizio del potere che gli interessa, far capire che è in una situazione di superiorità.
Certo poi se una accetta mica gli fa schifo, questo è ovvio.
E' davvero un essere schifoso. E' ammiccante ma raramente esplicito, provocante ma sempre con una via di fuga libera, sono certa infatti che, se denunciato, direbbe "beh, era solo una carezza sul viso!". Come si spiega che c'è carezza e carezza?
Oggi ho capito perchè è stato istituito il reato di stalking. Ma quelli come lui sono davvero allenati e oltre a questo la sua posizione di superiorità (= da da mangiare ad un sacco di famiglie) fino ad oggi l'hanno protetto. 
Sogno un mondo in cui non debba anteporre la salvaguardia del mio lavoro al rispetto dei ruoli = poterlo mandare affanculo tranquillamente e serenamente senza correre il rischio di essere messa al cancello.


mercoledì 13 febbraio 2013

compagni di classe

Non mi piacciono i cambiamenti. Non mi piace la novità, più che altro se non l'ho cercata e scelta io. Mi piace la routine, fatta di cose che conosco e padroneggio. Detta così, mi rendo conto che non faccio una bella figura, in realtà sono anche abbastanza reattiva, se mi si presenta un ostacolo ho solo bisogno di mettere un attimo a fuoco e poi riparto, cercare due punti di riferimento e via.


Il problema forse è proprio nel cambiamento atteso o inatteso. Nel senso che se trovo un ostacolo improvviso solitamente non cincischio e agisco, mi infastidisce invece l'attesa del probabile cambiamento, che non posso né pilotare, né modificare, posso solo attendere, aspettare che qualcun altro faccia delle scelte che poi mi coinvolgono. Ecco, ho messo a fuoco. E' questo che mi fa uscire pazza: l'impossibilità di decidere e la sensazione di essere in balia di altri.

Questa sensazione di inquietudine la sto vivendo quotidianamente al lavoro. In tre anni ho cambiato tre uffici, 4 gruppi di colleghi, 2 mansioni (in teoria) e ora si annuncia un probabile, imminente (?) nuovo rimpasto di persone e scrivanie e forse di mansioni.

Non voglio cambiare ancora compagni di classe.

Durante la quotidianità in ufficio si creano rapporti molto simili all'amicizia, ci si abitua alla convivenza, si conoscono le abitudini dell'altro, le si apprezza o le si tollera. Si fa squadra, ci si aiuta e si litiga.

Cambiare di nuovo, tra l'altro, vorrebbe dire anche tornare indietro, disfare quel po’ che è stato costruito in questi 3 anni, perché si ritornerebbe (forse) alla disposizione iniziale, quella di partenza, resettando tutto quanto.

Non mi piace. Non mi piace soprattutto perché nessuno mi chiederà cosa ne penso (lo so, sono presuntuosa) e perché nello scegliere questo ennesimo cambiamento non verranno nemmeno sfiorati dall'idea che possa dispiacere a qualcuno, che ci vorrà poi del tempo per formare nuove squadre affiatate, che la collaborazione non è una cosa che puoi imporre con una circolare o con le grida (usa anche questo metodo da noi, insieme alle lavate di capo pubbliche).

Devo solo aspettare, il cambiamento è stato annunciato, forse ci sarà, forse no, ma, almeno qui, voglio esprimere il mio dissenso!