giovedì 19 aprile 2012

carriera

Premetto che la mia settimana si è aperta con questo focus:



e che intendo continuare ad avere questo come obiettivo per il più lungo tempo possibile.

Ciò detto vi riporto il dialogo avuto questa mattina alla macchinetta del caffè con la capa, la direttora generala, nonché co-titolare col fratello (il Marpione, do you remember?), che per questo e altri motivi chiameremo l’Anaffettiva.
La figliuola di costei ha scelto di proseguire i suoi studi il prossimo anno iscrivendosi al corso di laurea in ostetricia, in barba al fulgido futuro che l’aspetterebbe qui in azienda come erede (non unica) dell’impero.
L’Anaffettiva non condivide affatto la scelta della fanciulla e sta cercando in tutti i modi di ostacolarla e farle cambiare idea. La giovine, che probabilmente è l’unica sana della famiglia, sta pensando invece, oltre che di sbattersene della genitrice, di non iscriversi alla facoltà più vicina, che le consentirebbe di fare la pendolare, ma bensì in un’altra città, dove sarebbe costretta a risiedere.
Il che le fa guadagnare almeno 100 punti nella mia personale graduatoria.
La donzelletta ieri si è recata all’open day dell’università e l’Anaffettiva mi stava appunto raccontando, mentre sorseggiavo il mio caffè, del suo disappunto a riguardo e io, un po’ per provocarla, un po’ perché c’ho la Faccia come il Culo (FdC, in gergo Pi), le chiedo cosa ci sia di male in tale scelta.
Lei di tutta risposta, dimenticandosi forse per un momento con chi stesse parlando, mi risponde candida: “ma che futuro ha davanti? Una vita da dipendente, sempre a timbrare il cartellino, sempre alle dipendenze di qualcuno. Che carriera potrà mai fare?”
Ops, io sono alle sue dipendenze e sicuramente resterò per tutta la mia carriera alle dipendenze di qualcuno. Non solo perché non ambisco a rischiare di mio (che in casa c’è già il Pi che rischia di suo, anzi di nostro e basta e avanza), ma anche perché non me ne può fregare di meno di fare “carriera”.
Ma dimenticandomi per un attimo questo commento, che grazie al cielo mi è balenato in testa solo qualche attimo dopo, sempre con la FdC che mi contraddistingue e assumendo l’espressione più umile che mi venisse in quel momento le ho detto: “ma il dovere –difficilissimo- di un genitore è anche quello di riconoscere che i figli sono altro da sé e che pertanto possono compiere scelte diverse dalle proprie”.
“Certo” ha risposto stizzita “ma è mio compito farla ragionare”
“ah si si certo” l’ho liquidata, avviandomi verso il mio ufficio.
Non so perché, ma penso che il mio ruolo qui dentro non subirà miglioramenti di rilievo.
Io comunque faccio il tifo per la fanciulla e la sua carriera da ostetrica.

2 commenti:

  1. Fare carriera (quale poi) che senso ha se non ti piace il lavoro che fai? Tutti a tifare per la ragazza!

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  2. ma sicuri che una figlia così umana sia sua?!
    concordo che si debba seguire le proprie inclinazioni, soprattutto visto che ci toccherà lavorare fino a..sempre"
    e il lavoro che la pischella ha scelto, per quanto duro e controverso, ha del magico..siamo con lei senza esitazioni.
    è anche vero però che le ostetriche sono sottovalutate, almeno dai colleghi con DOTT davanti e, un po' come noi dipendenti, devono ingoiare parecchie frustrazioni.
    anche se noi mamme le amiamo e benediciamo.
    GRAZIE MONICA!
    volpe

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